mercoledì 29 aprile 2020

Fenomeno e Noumeno: facce controverse di vedere la realtà - STEP #12.2

Se si analizza la produzione di testi filosofici relativi all'epoca moderna, in particolar modo quelli appartenenti al tramonto di tale periodo storico, è doveroso esaminare la figura di Kant con particolare attenzione al suo scritto universalmente ritenuto più celebre: "Critica della ragion pura".

«[La critica] è un invito alla ragione di assumersi nuovamente il più grave dei suoi uffici, cioè la conoscenza di sé, e di erigere un tribunale, che la garantisca nelle sue pretese legittime, ma condanni quelle che non hanno fondamento...; e questo tribunale non può essere se non la critica della ragion pura stessa....critica della facoltà della ragione in generale riguardo a tutte le conoscenze alle quali essa può aspirare indipendentemente da ogni esperienza; quindi la decisione della possibilità o impossibilità di una metafisica in generale, e la determinazione così delle fonti, come dell'ambito e dei limiti della medesima, e tutto dedotto da principi.»

Come si evince dalle righe sopra riportate, l'opera tratta la tematica della "critica" che, in ambito kantiano, si intende quell'atteggiamento filosofico che consiste nell'interrogarsi programmaticamente circa il fondamento di determinate esperienze della conoscenza umana ai fini di chiarirne la possibilità (ovvero le condizioni che ne permettono l'esistenza), la validità (ovvero i titoli di legittimità o non-legittimità che le caratterizzano) e i limiti (ovvero i loro confini di validità).

"Tuttavia nel nostro concetto, quando denominiamo certi oggetti, come fenomeni, esseri sensibili (phaenomena), distinguendo il nostro modo di intuirli dalla loro natura in sé, c'è già che noi, per dir così, contrapponiamo ad essi o gli oggetti stessi in questa loro natura in sé (quantunque in essa noi non li intuia­mo), o anche altre cose possibili, ma che non sono punto oggetti dei nostri sensi, come oggetti pensati semplicemente dall'intelletto, e li chiamiamo esseri intelligibili (noumena). Ora, si domanda se i nostri concetti puri dell'intelletto rispetto a questi ultimi non abbiano un valore, e se di essi non possano essere una specie di conoscenza.
Ma qui si presenta subito un equivoco, che può dare occasione a un grosso malinteso, e cioè: che poiché l'intelletto, quando chiama semplicemente feno­meno un oggetto che è in una relazione, si fa ad un tempo, fuori di questa relazione, ancora una rappresentazione di un oggetto in sé, e quindi si immagina di potersi parimenti far dei concetti di tali oggetti; e poiché l'intelletto non for­nisce altri concetti che le categorie, l'oggetto, nell'ultimo significato, si immagi­na che debba poter esser pensato almeno mediante codesti concetti puri dell'in­telletto; ma così è indotto a ritenere un concetto affatto indeterminato di un essere intelligibile, come qualcosa in generale al di là della nostra sensibilità, per un concetto determinato di un essere, che noi possiamo in qualche modo cono­scere mercé dell'intelletto. Se noi intendiamo per noumeno una cosa, in quanto essa non è oggetto della nostra intuizione sensibile, astraendo dal nostro modo d'intuirla, essa è un noumeno in senso negativo. Ma, se per esso invece intendia­mo l'oggetto d'una intuizione non sensibile, allora supponiamo una speciale maniera di intuizioni, cioè l'intellettuale, la quale però non è la nostra, e della quale non possiamo comprendere nemmeno la possibilità; e questo sarebbe il noumeno in senso positivo."

In particolare, il filosofo propone una attenta distinzione tra "fenomeno" e "noumeno": il primo, è l'oggetto della conoscenza umana ed è sintesi di un elemento materiale e di uno formale. Dal momento che per Kant la conoscenza non può estendersi oltre l'esperienza, a partire dalla nozione di Fenomeno (l'immagine di come questo si presenta ai nostri occhi) dovrà esserci una cosa in sè, il noumeno (dal greco "noumenon", ovvero realtà pensabile), il quale può essere descritta, secondo la filosofia kantiana, come una meta fenomenica che si fenomenizza solo in rapporto a noi. Essa pur essendo inconoscibile, e quindi non è oggetto di esperienza, può essere pensata. Da qui derivano una accezione positiva (ovvero un oggetto di intuizione non sensibile) e una negativa (realtà che è destinata a rimanere ignota). Il noumeno si fa quindi "promemoria critico" delle pretese conoscitive della ragione basata sulla realtà e sulla visione del mondo reale che ci circonda.





Fonti:http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaK/KANT_%20FENOMENO%20E%20NOUMENO.htm#_ftnref1
          https://it.wikipedia.org/wiki/Critica_della_ragion_pura#cite_note-1
Immagine:Immagine frontespizio "Critica della ragion pura"

L'immagine nella filosofia medievale: l'immagine come parola - STEP #12.1

Nella filosofia Medievale è ricorrente trovare pensieri collegati al concetto di immagine: la cultura infatti era controllata da un esiguo numero di persone, rappresentato dai funzionari della chiesa e dalle più ricche famiglie europee. Si capì quindi che per comunicare un pensiero era necessario "parlare per immagini", le quali contengono pensiero stesso. In questo periodo infatti il tasso di alfabetizzazione era bassissima e la Chiesa, per comunicare con i credenti, si serviva di illustrazioni basandosi su quadri, affreschi sulle pareti delle chiese, vetrate gotiche e bassorilievi. Queste fanno parte del linguaggio visivo che, come il linguaggio verbale, ha delle regole e delle strutture, una grammatica e una sintassi, sebbene molto più intuitivo. A livello percettivo le immagini sono l’aggregazione di elementi semplici come le linee (orizzontali, verticali, curve ecc…), oppure di forme o figure o spazi (rapporto di vicinanza, lontananza, vuoti e pieni, figura/sfondo ecc…), oltre che di luci, ombre e colori. Tali elementi all’interno di ogni processo visivo vengono riconosciuti, organizzati, riempiti di un senso. Se, ad esempio, in una scatola parallelepipeda o cubica riconosco una casa, ho compiuto uno slittamento di senso nell’analogia formale. Si potrebbe anche realizzare il percorso inverso, di ritrovare nelle cose una forma originaria che ne costituisce la struttura depositata nel nostro patrimonio visivo: gli stereotipi, i segni iconici.
Da tutto ciò deriva che perché il processo comunicativo si realizzi è necessaria la presenza di codici, ovvero di relazioni tra significati e significanti, tra segni e oggetti. Solo l’esistenza e la conoscenza di un codice comune scelto per comunicare, garantisce la comprensione fra gli individui. Uno dei "filosofi" più di rilievo sotto questo punto di vista furono papa Gregorio Magno, il quale, prima di tutti, capì la necessità di trasmettere il messaggio evangelico anche alle famiglie più povere (e quindi meno alfabetizzate).
  




venerdì 24 aprile 2020

Le immagini del mondo ai tempi del Covid-19 - STEP #11

24/04/2020: mancano 10 giorni ad un primo allentamento alle norme restrittive imposte dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, le quali imponevano una quarantena forzata a tutti gli italiani. Tale norma ci venne imposta a inizio marzo e, da allora, la vita di tutti è stata profondamente cambiata: a partire dagli studenti fino ad arrivare ai professori (i quali hanno dovuto improvvisare nuove modalità di lezione, prima di allora mai viste), dai fagli ai genitori (che, per chi ne avesse la possibilità, avrebbe dovuto proseguire la propria attività lavorativa in modalità smart working)...
Inevitabilmente, ogni periodo storico, positivo o negativo che sia, condiziona anche l'arte e l'esempio sotto riportato è la perfetta immagine per la situazione che si è venuta a generare.


Considerazioni personali
Il celebre quadro ritrae una Monna Lisa che si è dovuta adattare alla situazione vigente, in un museo del Louvre completamente deserto, ricco di modelli ma privo di ammiratori. La Gioconda, infatti, ironicamente rappresentata da un artista tedesco, viene raffigurata con una mascherina di protezione, strumento che è stato recentemente raccomandato dalle autorità per impedire il contagio tra infetto e persona sana. Il quadro, opera iconica ed enigmatica, si fa quindi portatore di un messaggio chiaro: la prevenzione è essenziale in questo periodo di crisi sanitaria, e rispettare le norme restrittive vigenti è un'azione necessaria per rallentare i contagi. 

Fonti:https://pixabay.com/it/illustrations/monalisa-mona-lisa-corona-virus-4893660/

mercoledì 22 aprile 2020

L'immagine riflessa come specchio dei nostri desideri - tra fantasy e realtà - STEP #10

Lo specchio è da sempre stato un oggetto che ha sempre colpito e stimolato l'immaginario umano. 
È spesso legato al tema del doppio, dell'universo alternativo o del mondo alla rovescia, della bellezza e della profezia. lo specchio rimanda all'occhio e alla vista, intesi soprattutto come strumento di conoscenza del mondo esteriore e interiore. Per questo è spesso legato all'iconografia della Verità e della Prudenza (in latino Veritas e Prudentia), rappresentate nell'atto di tenere in mano questo oggetto e contemplarlo. Gli occhi stessi sono definiti popolarmente gli "specchi dell'anima" poiché rifletterebbero - o tradirebbero - il carattere, l'umore e le intenzioni di una persona. Tuttavia, se lo sguardo è rivolto esclusivamente su di sé, l'autocontemplazione porta a narcisismo e vanità (in latino Vanitas).

Harry Potter e la pietra filosofale - Lo specchio delle brame

Considerazioni personali
Nella breve scena proposta si può osservare un giovane Harry Potter (interpretato da Daniel Radcliffe) intento nello scoprire lo specchio delle brame, un antico artefatto magico capace di mostrare sulla propria superficie i più profondi desideri presenti in ognuno di noi. Il protagonista della saga, rimasto orfano a pochi mesi dalla nascita, rivede nello specchio le figure dei genitori, mostrando così un profondo bisogno nel conoscere il padre e la madre. Ammaliato dallo straordinario potere dell'oggetto magico, il giovane Harry tornerà più volte a vedere l'immagine dei sui desideri. Noti però anche gli enormi pericoli che l'artefatto porta con sé, il preside dell'istituto scolastico di Hogwartz (Albus Silente) avverte il piccolo mago sull'aspetto ammaliatore dello strumento: questo infatti "ci mostra solo e soltanto i più profondi e tormentati desideri del nostro cuore", annebbiandoci la mente fino a confondere il reale con l'ideale e facendoci credere che ciò che vediamo riflesso sia la conoscenza e la verità delle cose. Tale elemento, come dirà Albus, sarà motivo per il quale molti studenti dell'accademia hanno perso la ragione e, al fine di evitare che lo stesso accada al protagonista, si è decise di spostare lo specchio "in un'altra dimora"

martedì 21 aprile 2020

Come preservare la storia artistica di un Paese: il restauro di quadri

l restauro dei dipinti costituisce l’insieme delle operazioni atte a prolungare la vita del manufatto e implica un intervento sulla materia. Per estensione con “restauro” si intende il risultato dell’intervento ed anche la parte sottoposta a restauro. Secondo la Carta della Conservazione e del Restauro degli oggetti d’arte e di cultura (1987), il termine identifica “qualsiasi intervento che, nel rispetto dei principi di conservazione e sulla base di previe indagini conoscitive di ogni tipo, sia rivolto a restituire all’oggetto , nei limiti del possibile, la relativa leggibilità e, ove occorra, l’uso”.
Al di là di una precisa ma generica formula, il termine restauro dipinti si apre a molteplici definizioni, implicando non solo metodologie tecnico-scientifiche ma parametri critico-estetici, per i quali valga, a titolo esemplificativo, la nota definizione data da Cesare Brandi: “Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte nella sua consistenza fisica e nella duplice polarità estetico-storica in vista della sua trasmissione al futuro”.
Nel restauro dipinti si è soliti riferirsi con espressioni – peraltro discusse e contestate in vari ambiti – a due principali fasi di intervento: restauro estetico e restauro conservativo.
Con “restauro estetico” ci si riferisce genericamente alle operazioni non direttamente tese a consolidare la parte materica dell’opera, come nel restauro conservativo, ma volte a restituire leggibilità all’opera, quali le operazioni di pulitura e di reintegrazione pittorica. Tali azioni sono caratterizzate dalla necessità di affiancare alle metodologie tecnico-scientifiche riflessioni e quindi scelte dipendenti da fattori di ordine critico-estetico, secondo un modo di procedere particolarmente caratteristico della scuola di restauro italiana.
Il “restauro conservativo” è invece l’intervento di restauro che si limita a consolidare l’esistente, escludendo operazioni di ricostruzione o di reintegrazione (come nel caso del restauro estetico). Nel restauro dipinti, ad esempio, vengono essenzialmente individuate con l’espressione le operazioni tese a consolidare il supporto, la preparazione e il colore, ovvero gli interventi finalizzati a migliorare le caratteristiche meccaniche del manufatto e a bloccare, per quanto è possibile, i processi di degradazione chimico-fisica e biologica in atto.

Fonti: https://artenet.it/restauro-dipinti/

lunedì 20 aprile 2020

Immagine come opera d'arte - STEP #09

Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, Narciso, 1594-1596, Galleria Nazionale d'Arte Antica - Palazzo Barberini, Roma

Considerazioni personali
Nel corso della storia "Narciso" è stato un soggetto ampiamente trattato: a partire dal mito, per poi passare a poesie, fino ad arrivare a quadri, canzoni e film, il giovane fanciullo ha attirato l'attenzione di numerosi artisti data la sua tragica storia. In particolare quello rappresentato da Caravaggio è lo stesso ragazzo ritratto nell'atto di ammirare la propria immagine riflessa nello specchio d'acqua di un lago (proprio come vuole la leggenda): proprio come predisse il profeta Tiresia, Narciso avrebbe visto la vecchiaia solamente se non si fosse conosciuto. Insieme a un Narciso molto lontano dal mondo greco (si basti pensare agli indumenti indossati), i co-protagonisti della tela sono l'immagine riflessa (estremamente realistica, simbolo della vendetta voluta da Nemesi) e l'oscurità (firma dell'autore in ogni sua opera).


domenica 19 aprile 2020

L'immagine nei dialoghi di Platone: "La Republica" e il mito della caverna - STEP #08

Nell'immaginario filosofico è ricorrente trovare miti legati al concetto di immagine: il più significativo è sicuramente legato al mito della caverna descritto da Platone. Nel mito tratto dal dialogo de "La Republica", il filosofo greco infatti riassume totalmente il suo pensiero inerente al mondo che ci circonda. "Pensa a uomini chiusi in una specie di caverna sotterranea[...]" così inizia il mito, ambientato in una caverna sotterranea, dove possiamo trovare degli schiavi, legati a catene e costretti a osservare una sola parete rocciosa, sulla quale vengono proiettate delle ombre tramite una fonte di luce rappresentata dal fuoco. Per questi uomini "la verità non può essere altro che le ombre degli oggetti": le immagini proiettate sulla muraglia sono la realtà per  gli oppressi ma se uno riuscisse a liberarsi e a voltarsi, non vedrebbe più ombre ma la realtà delle cose. Sebbene inizialmente non sarà in grado di distinguere bene gli oggetti (in quanto accecato dalla luce), poco dopo riuscirà a volgere lo sguardo verso i corpi e poi ancora potrà fissare il sole di giorno e ammirare le cose reale. Nota quindi la bellezza del mondo superiore, il suo desiderio è quello di rendere i suoi compagni a conoscenza del mondo superiore. Tornato però nella caverna verrebbe offuscato dalle ombre e deriso dagli amici, infastiditi dall'inutile tentativo di portarli alla "luce".

Considerazioni personali
La caverna oscura rappresenta quindi il nostro mondo, il mondo sensibile. Gli schiavi sono capaci solo di vedere le ombre, una metafora per indicare tutto ciò che è "immagine superficiale delle cose". L'ignoranza e  le passioni sono per il filosofo le catene che ci costringono al mondo del "non essere". La filosofia si propone quindi come strumento di liberazione, permettendo all'uomo di arrivare al mondo delle idee: il filosofo infatti sente il dovere di liberare gli altri uomini partecipi del mondo vero, identificandosi quindi nello schiavo libero che vuole portare la conoscenza ai sui compagni. Tuttavia, il pensatore, non più abituato al mondo delle cose (metaforicamente parlando, accecato dalle ombre della caverna) in quanto ormai appartenente al mondo delle idee, viene additato come pazzo. La più grande sfida del filosofo è quindi quella di tornare nel mondo del concreto, così da poter mostrare alla comunità il vero.

Fonte: http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/PLATONE_%20IL%20MITO%20DELLA%20CAVERNA%20(.htm
Immagine: https://www.cinquecosebelle.it/wp-content/uploads/2014/07/platone.jpg

venerdì 17 aprile 2020

L'immagine nella poesia - STEP #07

Per diversi secoli, il ruolo della poesia è stato quello di catturare un istante, un'immagine, un emozione provata in un periodo della nostra vita. Non è difficile quindi stupirsi che molti poeti abbiano tentato di ritrarre l'attimo fugace che emoziona particolarmente. In particolare, Giovanni Pascoli è forse uno dei più famosi ed espressivi capace di catturare il momento e trascriverlo su carta.
Si considerino poesie come "Il lampo", "Temporale" e "Il tuono": tutte e tre sono incentrate sullo stesso tema, avente però in tutti e tre i casi connotazioni profondamente diverse 

Il lampo
E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che,largo,esterrefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.



Temporale
                                         Un bubbolio lontano...                                       

Rosseggia l'orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un'ala di gabbiano.



Il tuono 
E nella notte nera come il nulla,

a un tratto, col fragor d'arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s'udì, di madre, e il moto d'una culla.

Considerazioni personali
Come si evince dalle tre poesie sopra riportate, Pascoli riesce a mettere in evidenza la fugacità del momento, catturando l'immagine della tempesta in diversi istanti: nel caso de "Il lampo" viene rappresentato il secondo in cui il bagliore derivante dal fulmine rischiara una cascina bianca nella buia notte, nel caso del "Temporale" il poeta tenta di dare una descrizione paesaggistica del panorama che gli si presenta e, quasi come un pittore impressionista, cerca di ritrarre il panorama. In entrambi i casi, come si evince, G.Pascoli tenta di trasmettere al lettore immagini soprattutto visive. Un attento studio sull'ultima poesia mostra invece, grazie a un sapiente uso di sinestesie, la prevalenza di immagini foniche, legate al cupo scoppio del tuono. In conclusione, come si evince dalla trilogia tratta da "Myricae" sopra riportata, si può affermare che il termine "immagine" non è strettamente legato a concetti prettamente visivi, quanto più anche a termini uditivi.

Fonti:https://www.libriantichionline.com/divagazioni/giovanni_pascoli_lampo
         https://www.libriantichionline.com/divagazioni/giovanni_pascoli_temporale
         https://www.libriantichionline.com/divagazioni/giovanni_pascoli_tuono

Immagine: https://vignette.wikia.nocookie.net/creepypastaitalia/images/8/81/Lampo_471.jpg/revision/latest/scale-to-width-down/340?cb=20140428180009&path-prefix=it

mercoledì 15 aprile 2020

L'immagine dell'esteta: il ritratto di Dorian Grey - STEP #06

L'Estetismo ottocentesco fu un corrente culturale-artistica sviluppatasi in Europa in seguito al rifiuto dei canoni realistici  proposti nel secolo precedente, dagli interessi materiali e dal profitto. Si propone quindi una nuova tendenza letteraria volta sull'immagine del soggetto e alla ricerca del bello come fine assoluto. Uno dei pionieri di tale movimento nel Regno Unito fu Oscar Wilde, il quale, tramite il suo romanzo "il ritratto di Dorian Grey", propone prima un attenta analisi sul concetto di esteta, fino poi ad arrivare a un esame sulla sua degenerazione.

«Allora era vero? Il ritratto era effettivamente cambiato? Oppure solo l'immaginazione gli aveva fatto vedere un'espressione malvagia là dove prima c'era un'espressione di gioia? Era proprio impossibile che una tela dipinta mutasse?»

 -Brano tratto dal capitolo VII de "Il ritratto di Dorian Grey" - Oscar Wilde, 1891.




Nel celebre romanzo di Oscar Wilde, il protagonista viene presentato come un bellissimo ragazzo, amico di Basil Hallward (celebre pittore nella Londra vittoriana) e di Henry Wotton, uomo che mostrerà a Dorian il senso della bellezza e della vita mondana. Ammaliato dalla descrizione della vita data da quest'ultimo, l'adolescente capisce che l'unico bene che si possiede è la bellezza giovanile e si mostra disposto a tutto pur di non perderla, fino ad arrivare a "stringere un patto con il diavolo", accordo che permetterà al personaggio principale di non sentire sul volto la vecchiaia a discapito del ritratto che presenterà rughe e deformazioni (quest'ultime dovute dalle azioni considerate deplorevoli). In particolare, il periodo preso in analisi, mostra le considerazioni che Dorian propone in merito al proprio ritratto: il volto che poco prima si mostrava gioioso, ora mostra un riso beffardo e cattivo.

Immagini: https://i.pinimg.com/originals/a3/3b/4d/a33b4d0c5fa6240b2b2af9ca542c77a6.jpg

martedì 14 aprile 2020

Dall'efficienza all'estetica: come l'aerodinamica influenza la silhouette di un automobile

Lo studio delle forme di un’autovettura, al di fuori del puro lato estetico, è uno degli step fondamentali nella progettazione della stessa. Il propulsore, dopo aver trasmesso la potenza alle ruote vincendo l’attrito al rotolamento, deve fare i conti con un nemico invisibile ben più potente: l’aria.
Questo fluido, così prezioso per la nostra sopravvivenza ed in grado di alimentare la combustione dei nostri motori, penalizza fortemente i consumi, la velocità massima e la tenuta di strada. Sommando alla resistenza dell’aria quella del rotolamento otteniamo la forza che il motore deve vincere per far muovere la macchina. Studiare nel dettaglio questi fenomeni è davvero complicato ma possiamo approssimare tale forza dissipativa come direttamente proporzionale a un coefficiente di attrito viscoso. Tale valore non è altro che un numero rappresentante la resistenza aerodinamica di un corpo in moto in un fluido. Una forma più snella ed affusolata avrà un coefficiente più basso; viceversa un’area di impatto più ampia e piatta, pensate ad un camion o un autobus, offrirà una resistenza più elevata. Questo ostacolo, in termini di forza, aumenta in modo esponenziale con la velocità; è per questo che lo studio più o meno elaborato dell’aerodinamica di un’automobile dà i suoi frutti a velocità sostenute. Un veicolo moderno ha in media un coefficiente aerodinamico di circa 0.34, un grande passo in avanti rispetto agli oltre 0.45 delle vecchie e squadrate vetture anni 80 e 90. La fisica insegna anche che ogni auto ha i suoi limiti in termini di velocità massima: un propulsore potente, se non supportato da un accurato studio, non riesce ad utilizzare al meglio la sua potenza e la velocità massima sarà più limitata rispetto ad un veicolo dotato dello stesso motore e di una carrozzeria più accurata.


















Durante le fasi di progettazione vengono realizzati modellini in scala analizzati poi nelle gallerie del vento. Tramite questi esperimenti, tecnici ed ingegneri sono in grado di progettare le forme migliori tenendo conto dei vari vincoli a cui è soggetto lo sviluppo di uno specifico modello: dimensioni, segmento, potenza.
Se una normale utilitaria o familiare si prefigge l’obiettivo di minimizzare questa tenace resistenza, diverso è il caso delle auto sportive. Prendendo come spunto le competizioni automobilistiche, gli ingegneri che progettano queste vetture sfruttano la resistenza dell’aria in modo quasi opposto.Se da un lato il corpo vettura è sempre affusolato e studiato ad-hoc per fendere l’aria, oltre certe velocità, specialmente in curva, è necessario uno stratagemma ulteriore al fine di tenere schiacciata al suolo la vettura. Tale soluzione è rappresentata dalle appendici aerodinamiche, prime tra tutte gli alettoni.Se le forme affusolate sono in grado di penetrare più facilmente l’aria, gli alettoni generano una forza verso il basso capace di garantire la tenuta di strada a grandi velocità. E’ esattamente lo stesso principio sfruttato dagli aerei ma al contrario. Il profilo alare di un aeromobile èstudiato per produrre una forza verso l’alto, detta portanza, in grado di sostenere l’aereo; la velocità orizzontale è data dalla spinta dei motori.

Fonti: https://techprincess.it/aerodinamica-automobile-auto-for-dummies/

lunedì 13 aprile 2020

Messaggio pubblicitario: L'immagine del futuro nel marketing - STEP #05



Considerazioni personali
Se si pensa all'immagine del futuro nella quotidianità, non si può evitare di pensare ai vari modelli di automobili elettriche presentate nei saloni automobilistici in questi ultimi anni e, sicuramente, il brand Porsche è l'esempio di un marchio che non rinuncia alla linee della tradizione (presentando quindi un immagine di sé come una fiera sostenitrice dei propri ideali) senza però privarsi dell'innovazione delle nuove scoperte tecnologiche. "Different fuel. Same soul".

mercoledì 8 aprile 2020

L'immagine di Narciso e l'amore per il proprio riflesso - STEP #04

Nell'immaginario della mitologia classica, molti miti vennero pensati per fornire agli uomini una morale, un complesso di principi che possano definire un atteggiamento individuale o collettivo volto a istruire gli uomini su determinati comportamenti. Molte di queste leggende possono essere ritrovate anche nel linguaggio della quotidianità e, probabilmente, il caso più emblematico è rappresentato dalla favola di Narciso. Sebbene a noi siano giunte diverse versioni del mito, sicuramente la più rilevante è quella esposta da Ovidio nelle sue "Metamorfosi".

Come egli narra, quando raggiunse il sedicesimo anno di età, Narciso era un giovane di tale bellezza che ogni abitante della città, uomo o donna, giovane o vecchio, si innamorava di lui. Egli, tuttavia, respingeva tutti, orgogliosamente. Un giorno, mentre era a caccia di cervi, la ninfa Eco furtivamente seguì il bel giovane tra i boschi, desiderosa di rivolgergli la parola, ma era incapace di parlare per prima, perché costretta a ripetere sempre le ultime parole di ciò che le veniva detto. La leggenda narra, infatti, che la ninfa era stata punita da Giunone, perché l’aveva distratta con dei lunghi racconti mentre le altre ninfe, amanti di Giove, si nascondevano. Quando sentì dei passi, Narciso gridò: “Chi è là?”. Eco rispose: “Chi è là?” e così continuò, finché Eco non si mostrò e corse verso il bel giovane. Narciso, però, la allontanò immediatamente e in malo modo. Eco, con il cuore infranto, trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, gemendo per il suo amore non corrisposto, finché di lei rimase solo la voce. Nemesi, ascoltando questi lamenti, decise di punire il crudele Narciso per la sua insensibilità. Il ragazzo, mentre era nel bosco, si imbatté in una pozza profonda e si accucciò su di essa per bere. Non appena vide per la prima volta nella sua vita la sua immagine riflessa, si innamorò perdutamente del ragazzo che stava fissando, senza rendersi conto che era lui stesso. Solo dopo un po’ si accorse che l’immagine riflessa apparteneva a sé, comprendendo che non avrebbe mai potuto vivere un amore corrisposto, si lasciò morire struggendosi inutilmente: si compivano così la profezia di Tiresia e la vendetta di Nemesi. Quando le Naiadi e le Driadi vollero prendere il suo corpo per collocarlo sul rogo funebre, al suo posto trovarono un fiore, al quale fu dato il nome di narciso. Si narra che Narciso, quando attraversò lo Stige, il fiume dei morti, per entrare nell’Oltretomba, si affacciò sulle acque limacciose del fiume, sperando di poter ammirare ancora una volta il suo riflesso, invano.


Come ogni mito, anche questo è pensato come una "favola morale", volto a correggere gli uomini dall'eccessivo e smisurato amore per sé stessi e per la propria immagine.

Immagine:https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Flamenteemeravigliosa.it%2Fsindrome-di-eco-autostima%2F&psig=AOvVaw1Qm_FzWVvHQ_UrCUwW3lhy&ust=1587311212047000&source=images&cd=vfe&ved=0CAIQjRxqFwoTCPCiyJmp8ugCFQAAAAAdAAAAABAI



giovedì 2 aprile 2020

Nasce l'immagine - STEP #02

Questa è una storia non nota a tutti ma, secondo la tradizione è così che nacque l'immagine. Molto tempo fa, in un mondo simile al nostro, tutte le forme di vita presenti erano incapaci di ricevere informazioni dal mondo che il circondava tramite occhi o altre forme di apparati visivi. Com'è ben noto però, se Madre Natura priva i suoi figli di un sistema sensoriale, li premia, rendendo più sofisticati gli altri sensi. Questo infatti è il caso della stirpe che prenderemo in esame: l'udito e l'olfatto erano stati portati all'estremo, rendendoli capaci di percepire l'arrivo di una possibile minaccia. L'evoluzione portò la specie a sviluppare una primitiva forma di telepatia, strumento che permetteva lo scambio di idee, di opinioni e soprattutto permetteva il progresso tecnologico. A discapito di quanto di possa pensare, infatti, il sapere era facilmente trasmissibile da un individuo a un altro senza ricorrere all'uso della parola e le nozioni erano immediatamente immagazzinate nella mente del soggetto. Il progresso tecnologico era in costante

sviluppo e permetteva alle nuove generazioni di vivere meglio rispetto ai propri genitori: l'agricoltura iniziava ad essere sempre più automatizzata fino ad arrivare ai primi esperimenti di clonazione ortofrutticola. Tuttavia tale sviluppo portò questa specie a bramare sempre di più, e, sfidando la Natura, tentarono di ottenere ciò che più desideravano. Iniziarono quindi a proporre le prime ipotesi su come ottenere la vista. Sebbene la maggioranza della popolazione mondiale volesse vedere, una piccola minoranza, la più conservatrice, era dell' idea che la tecnica mai avrebbe portato a qualcosa di buono, soprattutto se contro Natura. Passarono parecchi anni prima di riuscire a mettere a punto una macchina che riuscì a donare loro la vista. Tale strumento permise effettivamente di vedere la realtà che li circondava, a discapito però della perdita di tutti e quattro gli altri sensi. Si capì però che la macchina che permise a pochi di vedere era una dannazione: alcuni accettarono la perdita ma si ritrovarono isolati nel loro mondo, composto solo da immagini e fotogrammi. La società comprese quindi che era necessaria la collaborazione tra i "vedenti" e i "non-vedenti": i primi avevano il compito di comunicare ai secondi ciò che li circondava, ciò che potevano vedere, e gli ultimi dovevano descrivere ciò che percepivano a coloro che avevano ricevuto il dono della vista. Fu così che grazie a pochi, tutti riuscirono a vedere.




La fine: sintesi del blog - STEP #25

Con il termine immagine si vuole indicare la forma esteriore degli oggetti corporei , in quanto viene percepita attraverso il senso della v...