Anche la politica era permeata di bellezza: l’ideale aristocratico della "kalokagathia" significava infatti che l’essere “buono” (valoroso, ben nato, ben educato) non poteva essere disgiunto dall’esser bello (armonioso, nobile, splendente di gloria). Gli dei, i semidei, gli eroi, gli uomini che il mito e la storia ci tramandano, che la poesia e la statuaria ci consegnano, sono belli perché, nel loro corpo, partecipano della misura divina del mondo. Una bellezza, dunque, al tempo stesso individuale e collettiva, soggettiva e oggettiva, naturale e umana.
“La potenza del bene si è rifugiata nella natura del bello” scriveva Platone. La bellezza del fisico corrisponde, insomma, alla perfezione morale ("kalokagathia"). L’attività atletica diventa un elemento di basilare importanza nell’educazione, accanto all’insegnamento delle discipline intellettuali. Lo sviluppo di un’armoniosa muscolatura, l’agilità, la destrezza fisica e l’attività ginnica in generale erano considerati sullo stesso piano e con lo stesso valore delle attività intellettuali. Sorgono e si moltiplicano in tutte le società greche appositi edifici, ginnasi, necessari ed indispensabili per una corretta educazione ("paideia") dei giovani. Il concetto greco non può che riflettersi nelle sculture della grecità e in quelle del Rinascimento italiano.
Mirone, 455 a.C. - Museo nazionale romano di Palazzo Massimo, Roma |
Fonti: https://candide.it/kalos-kai-agathos-ovvero-bello-e-buono
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