mercoledì 29 aprile 2020

Fenomeno e Noumeno: facce controverse di vedere la realtà - STEP #12.2

Se si analizza la produzione di testi filosofici relativi all'epoca moderna, in particolar modo quelli appartenenti al tramonto di tale periodo storico, è doveroso esaminare la figura di Kant con particolare attenzione al suo scritto universalmente ritenuto più celebre: "Critica della ragion pura".

«[La critica] è un invito alla ragione di assumersi nuovamente il più grave dei suoi uffici, cioè la conoscenza di sé, e di erigere un tribunale, che la garantisca nelle sue pretese legittime, ma condanni quelle che non hanno fondamento...; e questo tribunale non può essere se non la critica della ragion pura stessa....critica della facoltà della ragione in generale riguardo a tutte le conoscenze alle quali essa può aspirare indipendentemente da ogni esperienza; quindi la decisione della possibilità o impossibilità di una metafisica in generale, e la determinazione così delle fonti, come dell'ambito e dei limiti della medesima, e tutto dedotto da principi.»

Come si evince dalle righe sopra riportate, l'opera tratta la tematica della "critica" che, in ambito kantiano, si intende quell'atteggiamento filosofico che consiste nell'interrogarsi programmaticamente circa il fondamento di determinate esperienze della conoscenza umana ai fini di chiarirne la possibilità (ovvero le condizioni che ne permettono l'esistenza), la validità (ovvero i titoli di legittimità o non-legittimità che le caratterizzano) e i limiti (ovvero i loro confini di validità).

"Tuttavia nel nostro concetto, quando denominiamo certi oggetti, come fenomeni, esseri sensibili (phaenomena), distinguendo il nostro modo di intuirli dalla loro natura in sé, c'è già che noi, per dir così, contrapponiamo ad essi o gli oggetti stessi in questa loro natura in sé (quantunque in essa noi non li intuia­mo), o anche altre cose possibili, ma che non sono punto oggetti dei nostri sensi, come oggetti pensati semplicemente dall'intelletto, e li chiamiamo esseri intelligibili (noumena). Ora, si domanda se i nostri concetti puri dell'intelletto rispetto a questi ultimi non abbiano un valore, e se di essi non possano essere una specie di conoscenza.
Ma qui si presenta subito un equivoco, che può dare occasione a un grosso malinteso, e cioè: che poiché l'intelletto, quando chiama semplicemente feno­meno un oggetto che è in una relazione, si fa ad un tempo, fuori di questa relazione, ancora una rappresentazione di un oggetto in sé, e quindi si immagina di potersi parimenti far dei concetti di tali oggetti; e poiché l'intelletto non for­nisce altri concetti che le categorie, l'oggetto, nell'ultimo significato, si immagi­na che debba poter esser pensato almeno mediante codesti concetti puri dell'in­telletto; ma così è indotto a ritenere un concetto affatto indeterminato di un essere intelligibile, come qualcosa in generale al di là della nostra sensibilità, per un concetto determinato di un essere, che noi possiamo in qualche modo cono­scere mercé dell'intelletto. Se noi intendiamo per noumeno una cosa, in quanto essa non è oggetto della nostra intuizione sensibile, astraendo dal nostro modo d'intuirla, essa è un noumeno in senso negativo. Ma, se per esso invece intendia­mo l'oggetto d'una intuizione non sensibile, allora supponiamo una speciale maniera di intuizioni, cioè l'intellettuale, la quale però non è la nostra, e della quale non possiamo comprendere nemmeno la possibilità; e questo sarebbe il noumeno in senso positivo."

In particolare, il filosofo propone una attenta distinzione tra "fenomeno" e "noumeno": il primo, è l'oggetto della conoscenza umana ed è sintesi di un elemento materiale e di uno formale. Dal momento che per Kant la conoscenza non può estendersi oltre l'esperienza, a partire dalla nozione di Fenomeno (l'immagine di come questo si presenta ai nostri occhi) dovrà esserci una cosa in sè, il noumeno (dal greco "noumenon", ovvero realtà pensabile), il quale può essere descritta, secondo la filosofia kantiana, come una meta fenomenica che si fenomenizza solo in rapporto a noi. Essa pur essendo inconoscibile, e quindi non è oggetto di esperienza, può essere pensata. Da qui derivano una accezione positiva (ovvero un oggetto di intuizione non sensibile) e una negativa (realtà che è destinata a rimanere ignota). Il noumeno si fa quindi "promemoria critico" delle pretese conoscitive della ragione basata sulla realtà e sulla visione del mondo reale che ci circonda.





Fonti:http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaK/KANT_%20FENOMENO%20E%20NOUMENO.htm#_ftnref1
          https://it.wikipedia.org/wiki/Critica_della_ragion_pura#cite_note-1
Immagine:Immagine frontespizio "Critica della ragion pura"

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