Episodio I - Tale nonno, tale nipote
Sono ormai passati 40 anni dall'ultimo caso risolto da Sherlock Holmes e, in quella stessa notte del 15 settembre 1947, proprio come 40 anni prima, la pioggia cadeva fitta su una Londra. Era in nel suo alloggio William Holmes (nipote del più famoso investigatore privato del XIX secolo) quando ricevette una chiamata dal cellulare fisso che lo avvertiva che avrebbe ricevuto lo stesso trattamento riservato alla sua famiglia. Intimorito, il giovane decide di uscire di casa quando per strada incontra Oliver Davies, la spalla che da sempre lo accompagnava nella risoluzione dei misteri più oscuri. Spiegata la situazione al suo assistente, al giovane detective viene proposto di passare la notte a casa dell'amico. Giunti a casa di Oliver, l'attenzione di William viene richiamata dallo squillo del cellulare. Deciso a rispondere il poliziotto privato, si sente chiamato per risolvere un giallo avvenuto da poco vicino a una banca non molto distante dalla sua posizione. Il singolare caso presentava una donna sgozzata vicino a un Bancomat. Ciò che attirò immediatamente l'attenzione di William e Oliver furono due particolari legati all'omicidio: il cadavere non era stato derubato dei soldi appena ritirati dallo sportello e il numero "47" inciso su uno specchio rotto trovato nella bocca della donna.
Episodio II - I pezzi di un puzzle
Allontanati dalla scena del crimine i due iniziano a riflettere sul significato del numero inciso e sul perché il carnefice non fosse riuscito a prendere quelle 400 £. Poche ore dopo, William venne contattato nuovamente dalla polizia per essere aiutata a risolvere un nuovo caso verificatosi dalla parte opposta della città. Raggiunta la scena del crimine, l'investigatore e il suo assistente notarono che sebbene l'arma del delitto fosse cambiata, la costante dello specchio era rimasta. Questa volta l'oggetto riportava l'indicazione di una via: "Wapping High Street". Timorosi di essere dinnanzi al terzo omicidio dell'interminabile notte, i due si diressero presso la zona portuale londinese. Sebbene la poca luce rese difficoltosa ritrovare la via e il numero del capannone, William e Oliver, arrivati a destinazione, trovarono una terza donna impiccata: tale elemento però non portò a pensare di essere capitati sulla scena di un suicidio in quanto il cadavere riportava evidenti segni di strangolamento sulla gola. Poco prima di denunciare l'omicidio, venne trovato in quello stesso capannone un ultimo specchio, segno del fatto che anche in questo caso l'artista lasciò la propria firma: l'incisione questa volta proponeva a William di tornare a casa per vedere l'ultimo atto della serata. Decisi di porre fine a questa scia di morte, l'investigatore e il suo compagno si diressero presso l'appartamento.
Episodio III - Vite spezzate
Giunti a casa trovarono una foglio accanto a quello che sarebbe stato l'ultimo cadavere della serata. Come una lettera d'addio, il carnefice si dichiarava colpevole di tutti gli omicidi compiuti, invitando però il giovane detective a quante vite spezzate ha portato suo nonno con sè: ogni singolo omicidio compiuto e additato da Sherlock come deplorevole, in realtà è stato frutto di una volontà di vendetta o di protezione verso la famiglia dei vari killer, in quanti erano stati tutti minacciati da uomini più potenti. Volgendo un ultimo sguardo all'unico specchio nella stanza, William stesso si rese conto che quella interminabile caccia all'uomo era volta solamente alla protezione di sé stesso e non perché spinto da fini più alti.
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